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Roberto Corradi

“PLUMCHECCHI?”

Immaginiamo la scena. Un tipo è al tavolo per fare colazione con quella che ipotizziamo essere la sua fidanzata. Lei arriva con un piatto che ospita dei plumcake, due, uno ciascuno, e lui… desume “Ah, oggi colazione con i plumcake?” ma lei, inutilmente puntigliosa, chiarisce: “Sì, ma Kinder!”. Segue lo spiegone con suoni e immagini altre, quindi si ritorna ai due con lui che ribadisce, probabilmente per compiacerla “Buoni, questi plumcake” istigando lei a concludere, definitiva “Sono plumcake Kinder!” A questo punto ci aspetteremmo che lui si alzasse per chiamare un medico oppure si allontanasse con una scusa banale “vado a prendere le sigarette” , magari ascoltando lei in sottofondo far balenare un “sì, ma Kinder” e invece tutto prosegue come se niente fosse. Immagine articolo Cari pubblicitari, ci chiediamo: secondo voi la descrizione della coppia come una realtà inquietante in cui vengono menzionate marche a corredo di uno scambio di impressioni, trova spazio nella vita di tutti i giorni? Cosa fareste se la persona con cui condividete la vita, all’improvviso fissasse un punto all’orizzonte e poi sottolineasse chi produce cosa, per dovere di completezza? Ma esageriamo: davvero voi pensate sia possibile che qualcuno, lasciato allo stato brado, si produca nell’allitterantissimo “Sono plumcake Kinder” magari seguito subito dopo da un po’ tradizionale scioglilingua come in un piatto poco cupo troppo poco pepe cape? E che tutto questo avvenga nel tepore di una famiglia che al mattino si risveglia e si avvia ad una nuova giornata? Se la vostra risposta sì, vi informiamo di un cambio di rotta: non vi state più occupando di réclame ma siete autori di Fantasy. E ci fermiamo qui perché ci sembra quasi di sentire una voce che aggiunge “Sì, ma Kinder”. Forse la situazione ci è sfuggita di mano.

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