Intro

"Quel rogo rischia di ardere in eterno". Sono le parole che il cardinale Bellarmino ha pronunciato davanti ai membri del Tribunale dell'Inquisizione. Da quel lontano febbraio del 1600 sono trascorsi più di quattro secoli e del frate domenicano di Nola, di Giordano Bruno, stiamo parlando ancora. Si studiano le sue opere, i suoi Eroici Furori, si ammira il suo coraggio, si immagina il suo sguardo rivolto verso gli infiniti mondi. Affascina l'eretico impenitente, ma è difficile seguirlo nei tortuosi percorsi della sua avventurosa esistenza. Da Nola, la città natale, al convento di San Domenico Maggiore a Napoli, dove esprime le sue perplessità sui dogmi. Poi pellegrino-esule tra i potenti d'Europa alla ricerca di un dialogo impossibile. Ho letto con passione il lavoro di Maurizio Di Bona e plaudo alla sua forza, agli anni di ostinata lotta per portare a termine, fra tante difficoltà il suo libro. Chi ha paura di Giordano Bruno Di Bona lo sa molto bene, infatti scrive: "...adesso mi appare chiaro come questo sistema abbia prodotto meccanismi, che sfibrano e sfiancano chi volge lo sguardo oltre la linea del consentito, fino a vanificarne gesti, azioni e propositi..." Ieri come oggi. L'idea di portare sullo schermo l'ultimo atto della vita del domenicano di Nola è nata, in una notte piovosa, proprio in Campo dei Fiori. Sotto la statua di Bruno, stretti sotto gli ombrelli, dei giovani studenti stavano ascoltando un loro professore che narrava delle opere e della vita del filosofo. Mi avvicinai per udire le parole di quel signore, un francese, ma quello che mi colpì furono i volti attenti ed emozionati di quei ragazzi. Pensai di realizzare un film, ma non immaginavo che avrei penato per ben tre anni prima di iniziare la lavorazione. Di Bona ha scelto il volto di Gianmaria Volontè per illustrare, con dei disegni di straordinaria bellezza, la vita del filosofo. Gianmaria, ne sono certo, sarebbe orgoglioso. Ricordo con quanto entusiasmo e passione questo insuperabile attore si è calato in quel difficile ruolo. Era una profonda emozione vederlo davanti ai giudici porporati, curvo e sofferente, nel saio domenicano. L'autore del libro racconta che dopo aver disegnato una serie di visi e di profili, ha tratteggiato il volto di Gianmaria e, subito, "il personaggio ha preso corpo, si è mosso da sé con una potenza impressionante". È vero! Questa potenza è nelle tavole che illustrano il libro. Grazie Di Bona per questo lavoro voluto con bruniana tenacia.
(introduzione di Giuliano Montaldo a Chi ha paura di Giordano Bruno)