Filosofia illustrata
(Marco Accorti su L'Ateo 1/2007)

Maurizio Di Bona, anche se in realtà pochi di noi sarebbero capaci di offrirne un identikit somigliante, non è certo uno sconosciuto per i lettori de L'Ateo. Anzi potremmo dire che "lo conosciamo bene" visto che da due anni ci offre disegni e preziose copertine. E se non erro si presentò proprio con un Giordano Bruno tragicamente trasgressivo (n. 1/2005) ed il racconto delle sue randage visioni in un notturno Campo de' Fiori. Dunque niente da stupirsi se ora ce lo ritroviamo fra gli autori da recensire sempre con lo stesso tema. Evidentemente non è un caso. Fra l'altro non stupisce nemmeno la duplicità con cui si presenta - testi di Maurizo Di Bona, disegni di theHand - perché quando ci ha fatto sorridere c'ha anche lasciato con la bocca amara come capita quando il non espresso (di Maurizio) si cela dietro l'evidenza (di theHand). E qui, in questi "appunti di viaggio", l'amarezza predomina. Infatti non è un libro "vero", inteso come romanzo o saggio, ma uno story board messo assieme in cinque anni in cui l'autore riordina pensieri e tracce per una rivisitazione di un Giordano Bruno fuori dagli schemi paludati e con un volto molto umano. Tanto umano da sembrarci Maurizio stesso con le sue malinconie, la sua infanzia, le sue incazzature, i suoi miti, i suoi maestri. E con le fattezze, direi inevitabili, di Gian Maria Volonté. Quando si vuol raccontare una storia, la cosa principale è renderla credibile foss'anche la panzana più sballata, così, quando l'oggetto del racconto è un personaggio, è fondamentale che sia "vivo". Per far questo c'è solo un modo: calarsi ne i panni del protagonista fino a confondersi con lui. Ed è quello che Maurizo fa, tanto che parla per bocca del nolano, assume i suoi pensieri e poi si "muove" come fosse la sua incarnazione grazie a Volonté, la cui capacità stava proprio nel riempire il suo "guscio vuoto" di vero attore con la ricchezza umana ed il coinvolgimento emotivo del grande interprete. Sono proprio "appunti di viaggio" stesi durante il girovagare dentro e fuori di sé per ri-costruire il suo Giordano Bruno non più limitato e contenuto nell'ambito della scrittura, ma trasposto in un connubio di tratti e di segni, di parole e immagini. Maurizio Di Bona si cimenta così con la filosofia disegnata raccogliendo la provocazione de "Il grande Hugo Pratt, [che] durante uno dei frequenti lampi di genio, coniò l'espressione letteratura disegnata per rendere evidente l'enorme potenzialità e valore del fumetto […] Ma come inchiodare sul foglio l'intuizione, la deduzione, le idee e non soltanto l'oggetto intuito, dedotto, ideato?". La nona arte sembra trovare proprio in Giordano Bruno "il come", perché ci troviamo nel "caso unico di filosofo che "illustra" il suo pensiero" e così Maurizio, dopo anni di raminghe peregrinazioni può finalmente chiudere con un "Ho detto… visto, intuito, sognato, tracciato, immaginato, scritto, pensato, elaborato, dedotto e disegnato". Non mi è dato di conoscere le propensioni musicali dell'autore, ma le sue pagine m'hanno evocato un canto a bassa voce, un soul quasi mugolato, una performance all'insegna dell'ultimo Otis Redding che oggi, assordati più dal "rumore" che dalla musica, ha avuto l'impudenza di decidere di registrare solo al minimo dell'amplificazione affinché l'emozione non venga soffocata da un suono sempre più frastuono. Per concludere mi piace completare la lista dei ringraziamenti, rivolgendone uno alla piccola Mimesis, editore che, all'insegna del "ma chi glielo fa fare?" continua a trovare spazio per il libero pensiero e la libera espressività.